I cinque rischi, forse sei, che corre il mercato americano e mondiale – 1° Parte

Pubblicato il: 19/11/24 11:31 AM

Prima puntata.

Non siamo catastrofisti, né ci piace prevedere sciagure. Il mercato azionario americano continua ad essere orientato al rialzo e probabilmente lo sarà ancora.

Nell’analisi ciclica di medio periodo, abbiamo rimarcato come siamo nell’arco temporale di una possibile imminenza del minimo del ciclo a 4 anni, la cui durata statistica nel 90% dei casi è entro i 56 mesi.

Questo significherebbe che entro novembre 2024 dovrebbe esserci un minimo intorno al 20% dai massimi.

Ma il passare del tempo rende sempre meno probabile che questo avvenga nei prossimi 60 giorni.

Il periodo 25-29 ottobre potrebbe essere molto pericoloso per la borsa americana, ma è estremamente improbabile possa essere la culminazione di un minimo della entità descritta, significherebbe un ottobre negativo da record e non ce ne sono, al momento, i sintomi.

In una prospettiva di medio e lungo termine, l’economia e la finanza americana sono esposte ad almeno cinque rischi gravi: e forse, a contarli tutti, i rischi potrebbero essere sei.

Il Mercato azionario

Abbiamo visto l’incredibile rally del mercato azionario. Tutte le previsioni danno l’S&P500 sopra o abbondantemente sopra quota 6000.

Il parente stretto del mercato azionario è il mercato obbligazionario.

Il governo degli Stati Uniti sta finanziando il proprio debito al ritmo di 1 trilione di dollari ogni 100 giorni. Ovviamente è una cifra senza precedenti nella storia.

Dall’ottobre del 2023, il mercato dei bond americani ha cominciato a segnalare forti scricchiolii.

Vedremo più avanti che questa data ha coinciso con l’inizio della performance sull’oro: un segnale sinistro da parte degli investitori internazionali che preferiscono il metallo giallo alla carta da debito degli Stati Uniti.

Se gli Stati Uniti dovessero raggiungere il punto di non ritorno di non riuscire a finanziare l’espansione del debito, sarebbero costretti a tagliare la spesa.

Questo comporterebbe un aumento della disoccupazione, la riduzione dei finanziamenti alle opere pubbliche e alle imprese private strategiche.

In poche parole un forte rallentamento dell’economia, che avrà inevitabili conseguenze sul mercato azionario.

Ne ha parlato, di recente, J.P. Morgan, definendo questa eventualità come “La crisi più prevedibile nella storia”.

Il secondo segnale di avvertimento arriva dal mercato dell’oro.

Per gli investitori in oro, è stata una vera cuccagna.

Nondimeno, una performance dell’oro come quella che abbiamo visto e che stiamo vedendo può non essere una buona notizia per tutti.

Nell’ottobre del 2023, l’oro veniva negoziato a 1800 dollari per oncia. E’ stato proprio in quel periodo che il debito americano ha accusato le prime concrete difficoltà ad essere venduto.

I segnali sono arrivati in modo molto esplicito dal mondo finanziario americano, da Wall Street insomma, e non solo dagli investitori esteri.

Nel giro di un mese, l’oro ha raggiunto i 2100 dollari per oncia. +16% in 30 giorni. Poi 2400. Poi 2700.

L’oro è stato in passato, alle volte, anticipatore dei crolli del mercato azionario.

E’ una correlazione che è avvenuta, ad esempio, nella grande salita dell’oro del 1999 (da 256 dollari in agosto ai 337 in ottobre), giusto prima della crisi delle dot-com.

Nell’aprile del 2007, anno che sicuramente ti ricorda qualcosa come il 1999, l’oro quotava 675 dollari, ma in ottobre raggiungeva 871 dollari.

E il 12 ottobre 2007 cominciava una delle più grandi discese della storia, che non si sarebbe più fermata fino al marzo del 2009.

Può essere un caso. Non si tratta di una correlazione statistica assoluta, ma una ricorrenza, di cui ho citato solo i due casi più eclatanti.

Studi molto affidabili hanno smontato la credenza della correlazione inversa oro/borse. Però non sono riusciti a smontare la tesi che gli eccessi sull’oro non sono mai sintomi positivi per il resto del mercato.

Il rapporto prezzi/utili.

In definitiva il rapporto prezzo/utili esprime in quanti anni un investitore recupera ciò che ha pagato per un titolo azionario.

Il rapporto prezzo/utili giudicato sano è di circa 16.

Sull’S&P500 oscilla ora intorno a 35.

Nella storia tale rapporto è stato raggiunto due volte: nel 1929 e nel 1999.

Anni, che credo, non hanno bisogno di commento per rammentare quello che è avvenuto dopo.

Nella prossima puntata di questo articolo, esamineremo gli altri due rischi … anzi tre … che il mercato azionario americano affronterà nei mesi a venire.

 

Maurizio Monti

 

Maurizio Monti
Editore
Traders’ Magazine Italia